Edilizia libera o permesso di costruire? Definizioni e requisiti delle strutture pertinenziali, ricavati dalla normativa e dalla giurisprudenza

Per realizzare un pergolato o una tettoia, occorre il permesso di costruire o l’intervento rientra nel campo dell’edilizia libera, senza alcun titolo abilitativo? È una domanda che ai professionisti tecnici viene rinnovata nelle più svariate occasioni. La giurisprudenza amministrativa si è espressa numerose volte per entrambe le opzioni, chiarendo i criteri per scegliere quella giusta. Vediamo quali sono le questioni principali da considerare quando sono previste le realizzazioni di queste strutture.

Cos’è un pergolato

Un pergolato formato da una struttura aperta su almeno tre lati e nella sua parte superiore, costituita da un’impalcatura con montanti verticali ed elementi orizzontali posti a una altezza che permette il passaggio delle persone, adibita a ornamento o riparo dal sole in giardini e terrazze, è considerato una pertinenza, caratterizzata dall’esiguità quantitativa e dalla precarietà del manufatto, tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 19 del 4 gennaio 2016) e in quanto tale non necessita di titolo abilitativo edilizio.

I requisiti

Il primo requisito, per evitare di dover ottenere il titolo abilitativo, è la dimensione del pergolato; il secondo riguarda la solidità e la permanenzadella sua struttura.
Non è necessaria alcuna concessione edilizia allorché l’opera consista in una struttura precaria, facilmente rimovibile, non costituente trasformazione urbanistica del territorio (nella specie, trattasi di pergolato costituito da una intelaiatura in legno che non è infissa né al pavimento né alla parete dell’immobile alla quale è semplicemente addossata, né risulta chiusa in alcun lato, nemmeno sulla copertura)”(Consiglio di Stato, sez. V, n. 6193 del 7 novembre 2005).

Funzione e precarietà della struttura

La prima distinzione riguarda la funzione della struttura: ombreggiamento/schermatura dai raggi solari (pergolati); protezione dagli agenti atmosferici (pensiline, tettoie, tende); aumento della metratura dell’unità (verande o altro).
La seconda distinzione invece riguarda la precarietà/amovibilità (facilmente rimovibile senza demolizioni) oppure struttura fissa (rimovibile mediante demolizioni).

La trasformazione urbanistica

Sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione in grado di determinare una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio. La struttura portante insieme all’elemento di copertura e/o chiusura, non può considerarsi nuova costruzione in quanto non presenta le caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante in grado di comportare una trasformazione del territorio.
La copertura e la chiusura perimetrale, qualora realizzate con materiale privo di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza (fissità, stabilità e permanenza) che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione, non configurano una nuova costruzione. Qualora ci sia “inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie” (Consiglio di Stato n. 306 del 25 gennaio 2017).

Il criterio della precarietà dell’opera

Quando si parla di pergolato la precarietà dell’opera funge da elemento in grado di circoscrivere l’uso specifico e temporalmente limitato del bene, escludendone dunque caratteristiche atte a soddisfare esigenze permanenti nel tempo.
Il concetto di precarietà non dipende dal sistema di ancoraggio al terreno poiché, l’elemento cardine che viene valutato attiene all’idoneità del bene a operare una stabile trasformazione del territorio.
Al fine della valutazione della precarietà dell’opera non sono tanto rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l’agevole rimovibilità della stessa rilevando, al contrario, la valutazione delle esigenze che il manufatto è destinato a soddisfare ovvero, dalla stabilità dell’insediamento indicativa dell’impegno effettivo e durevole nel contesto territoriale.

La valutazione

Dunque, l’elemento costruttivo non opera come elemento fondamentale nella valutazione della precarietà e quindi del relativo regime autorizzativo, rilevando tuttavia come elemento indiziario importante in quanto, ad esempio, una struttura ancorata al suolo con un plinto in cemento ne fa presumere, oltre ogni ragionevole dubbio, la sua natura duratura nel tempo che ne esclude a monte le esigenze di precarietà. Per la valutazione della precarietà e della richiesta del relativo titolo abilitativo, la giurisprudenza è unanime nel ritenere che, in via preliminare non opera il criterio strutturale, rilevando, al contrario, il criterio funzionale ovvero l’attitudine del bene a garantire un’utilità prolungata nel tempo alla luce della sua obiettiva ed intrinseca destinazione naturale, a nulla rilevando la temporaneità della destinazione data all’opera dai proprietari.

La volumetria

In materia edilizio/urbanistica il volume edilizio è rappresentato da una costruzione che abbia almeno un piano di base e due superfici verticali contigue. Per potersi identificare un volume edilizio, vi deve essere la chiusura di almeno 3 lati del manufatto, caratterizzati da un rapporto di contiguità. Il volume chiuso è riferito a strutture in cui la parte superiore è contigua alle parti laterali e, ai fini urbanistici, rileva solo l’ambiente coperto e chiuso su tre lati.

Il volume tecnico

Differente è anche il volume tecnico, intendendosi per tale i locali completamente privi di un’autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinati a contenere impianti serventi ad una costruzione principale per esigenze tecnico funzionali della costruzione stessa (cfr. Tar Campania – Napoli, Sez. VIII, n. 3490/2015).

La giurisprudenza ha individuato degli indici di riferimento per poter qualificare il volume tecnico:

  • il parametro di tipo funzionale (identificandosi in rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione);
  • l’impossibilità di soluzioni progettuali diverse (in pratica il volume tecnico non può essere ubicato all’interno della parte abitativa);
  • la mancanza di autonomia funzionale (in quanto servente alla costruzione principale).

Il volume tecnico è escluso dal calcolo della volumetria, a condizione però che non assuma le caratteristiche di vano chiuso – dunque volume edilizio – per sua natura utilizzabile e suscettibile di abitabilità.

Nel caso in cui il volume tecnico sia di altezza e volume tale da poter essere destinato a locale abitabile, deve essere computato ai fini della cubatura. Ad esempio, non rientra nella nozione di volume tecnico il sottotetto qualora abbia un’altezza tale da poter essere suscettibile di abitabilità o il vano scala non destinato ad installare impianti tecnologici ma come punto di accesso ad altri ambienti.

L’individuazione ai fini edilizio/urbanistici del concetto di volume urbanistico trova riscontro nel presupposto sostanziale, ovvero nell’idoneità degli ambienti ad ospitare persone e/o attività, determinando variazione degli standards urbanistici (ex D.M. n. 1444/68).

Il glossario delle opere edilizie

Nel glossario delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera (Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti 2 marzo 2018) rientrano l’installazione, la riparazione, la sostituzione e il rinnovamento di:
a) un pergolato di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo;
b) una tenda, una tenda a pergola, o una pergotenda, con copertura leggera di arredo.

Il ruolo della ripartizione urbanistica dei comuni

L’amministrazione deve valutare ogni caso con istruttorie complete che rilevino esattamente le opere compiute e spieghino perché superano o meno i limiti entro i quali si può trattare di una copertura realizzabile senza permessi. La realizzazione di una pergotenda o tettoia non è definita in modo univoco né nella normativa né in giurisprudenza. a prescindere dalla natura esemplificativa o tassativa che si voglia riconoscere a tale elenco; va poi osservato che esso comprende voci di per sé abbastanza generiche, tali da poter ricomprendere anche opere non espressamente nominate.

Le norme del testo unico

Dal punto di vista normativo, va considerato anzitutto l’art. 6 del Tu n. 380 del 6 giugno 2001, che contiene l’elenco delle opere di edilizia libera, le quali non necessitano di alcun titolo abilitativo. Con riferimento alle tettoie, rileva in particolare la voce di cui all’art. 6 comma lettera e) quinquies, che considera opere di edilizia libera gli “elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici”, concetto nel quale può sicuramente rientrare una tettoia genericamente intesa, come copertura comunque realizzata di un’area pertinenziale, come il terrazzo.

La giurisprudenza distingue all’interno della categoria delle pergotende o tettoie, assoggettando gli interventi a regime diverso a seconda delle caratteristiche delle opere:

  • se assimilabili a pertinenze o a interventi precari, sono opere realizzabili senza titolo edilizio;
  • se sono di particolari dimensioni e caratteristiche, tali da modificare la sagoma dell’edificio, sono assoggettate al titolo edilizio maggiore, ovvero al permesso di costruire, in quanto interventi di “nuova costruzione”.

Non è possibile affermare in assoluto che la tettoia richiede, o non richiede, il titolo edilizio maggiore e assoggettarla, o non assoggettarla, alla relativa sanzione senza considerare nello specifico come essa è realizzata. In proposito, quindi, l’amministrazione ha l’onere di motivare in modo esaustivo, attraverso una corretta e completa istruttoria che rilevi esattamente le opere compiute e spieghi per quale ragione esse superano i limiti entro i quali si può trattare di una copertura realizzabile in regime di edilizia libera” (Consiglio di Stato n. 2715 del 7 maggio 2018).

Definizioni dalla giurisprudenza

Pertinenza

“Opera edilizia legata da un rapporto di strumentalità e complementarietà rispetto alla costruzione principale, non utilizzabile autonomamente e di dimensioni modeste o comunque rapportate al carattere di accessorietà”.punto 34 dell’All. A del Dpcm del 20 ottobre 2016

L’art. 3 comma 1, lett. e.6 del Dpr n. 380/2001 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” stabilisce che sono da definire “interventi di nuova costruzione” gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% di quello dell’edificio principale.

Pertinenza edilizia:
  • nesso oggettivo strumentale e funzionale con la cosa principale;
  • nessuna destinazione d’uso diversa rispetto alla cosa principale (escludendo dunque la pluralità di destinazioni);
  • carattere durevole;
  • non utilizzabilità economica in differente modo rispetto alla cosa principale e, nessun autonomo valore di mercato;
  • ridotta dimensione;
  • individualità fisica e strutturale propria purchè garantisca l’accessione ad un edificio preesistente edificato (Consiglio di Stato n. 306 del 25 febbraio 2017).
Pergolato

Struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze, consistente in un’impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone. Il pergolato, per sua natura, è quindi una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non necessita di titoli abilitativi edilizi. Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie.
Non può essere ricondotta alla nozione di “pergolato” una struttura costituita da pilastri e travi in legno di importanti dimensioni, tali da rendere la struttura solida e robusta e da farne presumere una permanenza prolungata nel tempo (Consiglio di Stato n. 5008 del 22 agosto 2018).

Un pergolato o berceau di natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni, non richiede titolo edilizio.

La caratteristica del pergolato è di avere una funzione prettamente ornativa, dimensioni contenute e struttura modesta, non conficcata nel pavimento né affissa alla parete dell’immobile, non chiusa in nessun lato, compreso quello di copertura.

Costituito da una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze e consiste, quindi, in un’impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone.

Il pergolato, per sua conformazione, è una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore. La sua funzione ornamentale, insieme alla sua peculiare struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, ha prevalente funzione di sostegno per piante rampicanti attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni. Per tali peculiari ragioni, la realizzazione di un pergolato non necessita di titoli abilitativi edilizi.

Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie. Si può notare come un elemento che a primo impatto potrebbe apparire irrilevante determina una sostanziale modifica della disciplina edilizio/urbanistica ad esso applicabile.

Gazebo

Nella sua configurazione tipica rappresenta una struttura leggera, indipendente e quindi non aderente ad altro immobile edificato, con copertura superiore ed aperta sui lati, realizzata con struttura portante in ferro battuto, alluminio o legno strutturale che può, in taluni casi, essere anche chiuso sui lati solo da tende facilmente rimuovibili.

Struttura leggera, autonoma rispetto alla unità immobiliare e non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili. Generalmente in ferro battuto, alluminio o legno strutturale (per es. lamellare), comunque di ridotte dimensioni.

Spesso il gazebo è utilizzato per l’allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi casi è considerata una struttura temporanea. In altri casi il gazebo è realizzato in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi. (Consiglio di Stato n. 306/2017).

Può essere chiuso sui lati da tende o tendaggi. Se è temporaneo (per feste o altro) non necessita di permesso di costruire ricadendo in interventi di edilizia libera. Se è permanente (infisso nel suolo) si tratta di trasformazione urbanistica non atta a consentire il soddisfacimento di esigenze non temporanee, con aumento di superficie e volume (cubatura) e forte impatto visivo; pertanto necessita di permesso di costruire, va censito ed accatastato.

Gazebo nel condominio: nel caso della collocazione di un gazebo all’interno di una situazione condominiale, appare utile citare una sentenza della con la quale si è statuito che “va rimosso il gazebo fatto con materiali che contrastano con quelli usati per il terrazzo condominiale, anche se l’edificio non ha pregi architettonici e la costruzione del manufatto è stata eseguita sulla parte del lastrico solare di cui il proprietario dell’appartamento dell’ultimo piano ha l’uso esclusivo. Difatti tale struttura non si armonizza col contesto che lo circonda, peggiorando addirittura lo stato preesistente” (Corte di Cassazione n. 24305/2008).

Pergotenda

La pergotenda rappresenta una tipologia di struttura di agevole realizzazione che, grazie all’uso di tecniche e materiali del tutto innovativi, rendono meglio fruibili e vivibili gli spazi esterni delle unità abitative.
Tali strutture sono pensate al fine di non soddisfare esigenze “precarie”, garantendo quindi il loro effetto in maniera stabile e duratura.
La pergotenda, tenuto conto della sua consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituisce un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo.

Mero arredo esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la destinazione d’uso degli spazi esterni ed è facilmente ed immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua installazione si va ad inscrivere all’interno della categoria delle attività di edilizia libera e non necessita quindi di alcun permesso.

L’installazione di un’impalcatura per adornare e ombreggiare giardini o terrazze, formata da montanti verticali ed elementi orizzontali che li connettono ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone, è da considerarsi pergolato e non richiede alcun titolo edilizio; se tale struttura è munita di copertura superiore, anche parziale, ma non facilmente amovibile, il pergolato diventa una tettoia e quindi richiede il permesso di costruire.

Strutture fisse, non amovibili. Generalmente costituite da una struttura metallica leggera, a sostegno del tendaggio, questa è retrattile e dunque non comporta una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio” in quanto non è un intervento di “nuova costruzione”: non altera cioè né la superficie né il volume dell’unità principale. Non deve però modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni e deve essere facilmente rimovibile. Non necessita di Permesso di costruire ricadendo in interventi di Edilizia libera (Consiglio di Stato n. 1777 dell’11 aprile 2014).

La sentenza sulle pergotende

Il Tar Lombardia, con sentenza n. 2110 del 7 novembre 2017, ha stabilito che non serve il titolo edilizio per la realizzazione di una “struttura esterna aperta, addossata per un lato all’edificio esistente costituita da elementi leggeri in legno, imbullonati, di sezione esigua, con un sistema di ombreggiatura consistente in un telo scorrevole in Pvc retrattile mediante automatismo elettrico, da considerarsi come elemento di arredo in area pertinenziale all’attività commerciale”.

Le pergotende, tenuto conto della loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituiscano un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo. Infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 del Dpr n. 380 del 2001, sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”, che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”, mentre una struttura leggera (…) destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico non integra tali caratteristiche” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 gennaio 2017, n. 306).

Un pergolato con teli plastificati è simile ad una pergotenda realizzata con teli amovibili e necessita di titolo autorizzativo (Consiglio di Stato n. 306/2017).

Pensilina

La pensilina rappresenta sostanzialmente un elemento di arredo, riparo o protezione anche dagli agenti atmosferici.
Elemento edilizio di copertura posto in aggetto alle pareti perimetrali esterne di un edificio e priva di montanti verticali di sostegno”.
Dal punto di vista strutturale è caratterizzata da una struttura ancorata al muro perimetrale del fabbricato e, generalmente, si caratterizza per l’apertura su tre lati.
La pensilina, per sua natura, deve essere di limitate dimensioni in quanto la struttura che la sorregge può essere ancorata solo al muro dell’immobile non avendo possibilità di essere implementata da pilastri di supporto o sostegno infissi a terra, altrimenti entrerebbe nel perimetro operativo del portico o loggia.

Dal punto di vista autorizzativo, fungendo la pensilina da limitato elemento di protezione e riparo di porte e finestre, generalmente non necessità di titolo abilitativo seppur, in alcuni casi, comportando una sostanziale modifica del prospetto dell’immobile, alcuni regolamenti edilizi comunali possono richiedere uno specifico titolo abilitativo (soprattutto in luoghi ove sono previsti specifici vincoli paesaggistici).

Portico/porticato ( piano terra) e loggia/loggiato ( piani superiori)

È una tipologia di struttura che non ha natura strettamente pertinenziale bensì rappresenta un elemento di continuità ed immediatezza che non sarebbe dotata di una propria autonomia rappresentando parte integrante della costruzione principale.
In tale ultima situazione hanno fondamentale rilievo – ai fini del rilascio del titolo abilitativo – gli elementi dimensionali in grado di incidere sul prospetto di sagoma dell’edificio (dimensione superiore ad 1,50 m di profondità).

Si deve necessariamente far riferimento alla individualità fisica e strutturale del bene. Se garantisce la sua individualità è configurabile come tettoia, se ne è sprovvista rientra nel novero del portico e/o loggia.

Elementi principali di natura pertinenziale:

  • l’opera non deve creare un nuovo volume;
  • l’opera può comportare un nuovo e modesto volume tecnico;
  • il bene pertinenziale deve essere legato da un rapporto di strumentalità e complementarità con il bene principale edificato, non potendo essere utilizzato autonomamente e di dimensioni modeste o comunque rapportate al carattere di accessorietà.

La pertinenza deve essere priva di autonoma destinazione e la sua creazione deve avere in rapporto funzionale con l’edificio principale, tutto al fine di non incidere sul carico urbanistico.

Sulla necessità della richiesta del titolo abilitativo, accertata la natura pertinenziale dell’opera sulla base del presupposto di strumentalità e complementarità e, accertata la mancanza della creazione di un nuovo volume edilizio in grado di incidere sul carico urbanistico (poiché aperta sui tre lati), si svincola dal criterio dimensionale fino ad oggi considerato fondamentale rilevando invece il criterio di carattere funzionale dell’opera rispetto alla sua natura pertinenziale.

Tettoia

Aumentano la superficie godibile dell’unità e necessitano senz’altro del titolo abilitativo. Di fatto comportano un ampliamento degli spazi legittimati. Debbono tenere conto dei:

  • distacchi (Regolamento edilizio del Comune)
  • della volumetria a disposizione;
  • dell’assenso dei Condomini;
  • di un progetto strutturale;
  • dei vincoli paesaggistici.

Comportano variazione catastale.

Se il pergolato è coperto, anche per una sola porzione, con una struttura che non si può smontare con facilità, è assoggettato alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie. Da un punto di vista dimensionale e costruttivo, un intervento di questo tipo rappresenta una nuova edificazione e quindi per essere realizzato richiede il rilascio del titolo abilitativo, in assenza del quale, la struttura deve considerarsi abusiva.

La tettoia costruita su un condominio deve rispettare requisiti precisi, anche se ha l’autorizzazione dal Comune. Non deve:
• pregiudicare la stabilità dell’edificio;
• pregiudicare il decoro architettonico dell’edificio;
• violare le norme sulle distanze minime.

La distanza minima tra tettoie è di tre metri, calcolati:
a) se le tettoie sono abusive, dai muri delle case cui le tettoie sono ancorate;
b) se le tettoie sono regolarmente autorizzate, dall’ultimo centimetro delle tettoie.

Le sentenze sulle tettoie

La giurisprudenza amministrativa è univoca nell’affermare che la realizzazione di una tettoia necessita di permesso di costruire quale “nuova costruzione”, comportando una trasformazione del territorio e dell’assetto edilizio anteriore; essa arreca, infatti, un proprio impatto volumetrico e, se e in quanto priva di connotati di precarietà, è destinata a soddisfare esigenze non già temporanee e contingenti, ma durevoli nel tempo, con conseguente incremento del godimento dell’immobile cui inerisce e del relativo carico urbanistico. Tuttavia, occorre sempre esaminare ogni intervento, caso per caso, considerando dimensioni, struttura, materiali e finalità dell’opera. Ad esempio:

• deve escludersi la rilevanza volumetrica di una tettoia in legno ad una sola falda, di forma rettangolare, avente dimensioni di mq. 31,42 e altezza in gronda di m. 2,50 ed alla gronda di m. 2,65, realizzata sul terrazzo di proprietà, ad esclusivo servizio di detto piano, poggiante per un lato direttamente sulla struttura esistente del fabbricato e per l’altro su pilastrini in legno: e ciò in quanto, come affermato già in precedenza dalla giurisprudenza detto manufatto è aperto su tre lati (Tar Campania, sez. I Salerno, n. 109 del 16 gennaio 2017). In questo caso la tettoia è in legno, ma la sentenza vale per qualsiasi tipo di tettoia, purché sia aperta su tre lati;

• una tettoia non ancorata al suolo bensì al muro e che proteggere una superficie inferiore a 12 mq. non comporta impatto volumetrico e aumento del carico urbanistico. Si tratta, quindi, di un manufatto sostanzialmente irrilevante e, dunque, non qualificabile come nuova costruzione e, quindi, non necessitante del permesso di costruire (Tar Piemonte, sez. II, n. 198 dell’8 febbraio 2017);

• una tettoia a una falda inclinata, delle dimensioni di mt. 2,50 x 3,40, sorretta da struttura in profilati metallici di cm. 5 x 5, addossata ad uno dei muri perimetrali del fabbricato principale ed aperta su tutti gli altri lati, é qualificata come “opera decisamente pertinenziale”(Tar Piemonte, sez. II, n. 238 del 26 febbraio 2016);

• una tettoia con struttura portante e orditura in legno, avente 7,50 m t. di lunghezza x 4,10 mt. di larghezza (corrispondente ad una superficie di 30,75 mq.), altezza al colmo di mt. 2,65 ed all’imposta di mt. 2,00, solo parzialmente coperta con lastre in legno e materiale plastico ed ancorata al suolo con tasselli, aperta su tre lati ed aderente sul quarto lato a parte dell’abitazione, “non è soggetta a preventivo titolo autorizzatorio edilizio”. (Tar Piemonte, sez. I, n. 1563 del 22 ottobre 2014);

• la realizzazione di una tettoia di non irrilevante consistenza dimensionale e ancorata al suolo costituisce opera idonea ad alterare lo stato dei luoghi e a trasformare il territorio permanentemente ed è tale da richiedere il previo rilascio del permesso di costruire.(Tar Piemonte, sez. II, n. 438 dell’11 aprile 2012);

• una tettoia realizzata a copertura di un terrazzo, anche se molto grande, non ha bisogno di un permesso di costruire. Non deve essere demolita anche se l’intervento è stato realizzato senza titolo edilizio (Tar Campania, n. 109 del 16 gennaio 2017).

Per la qualificazione dell’intervento, la diversità della sagoma e l’incremento di altezza del piano terra sono aspetti ininfluenti. Il permesso di costruire occorre se l’intervento ha generato “un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente” e allo stesso tempo ha comportato “modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti”.

La tettoia si differenzia dal concetto di portico o loggia per la sua stretta funzione di sfruttamento dello spazio pertinenziale. Infatti, la tettoia rappresenta una struttura di copertura e riparo di spazi pertinenziali e per questo dotata di propria individualità fisica e strutturale rispetto alla costruzione principale.

Tettoia abusiva: demolizione o abuso edilizio

Chi ha costruito una tettoia abusiva deve demolirla se non vuole subire un processo penale per abuso edilizio. Si può chiedere la sanatoria della tettoia abusiva, solo se la costruzione è già in regola con il piano regolatore urbanoe se l’opera è “abusiva” solo perché non è stata chiesta l’autorizzazione al Comune per dimenticanza. Se invece, il Comune non avrebbe mai dato l’autorizzazione, perché la tettoia è contraria agli strumenti urbanistici, non si può chiedere la sanatoria.

Chi ha costruito la tettoia abusiva può evitare la condanna penale solo se il reato cade in prescrizione. La prescrizione scatta dopo quattro anni oppure, se c’è stato un rinvio a giudizio, dopo cinque, ma attenzione: anche se il reato è prescritto, il Comune può ugualmente intimare la demolizione della tettoia abusiva.

Veranda

La veranda può essere definita come “locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili”. La veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che, all’occorrenza, si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro.
Dal punto di vista edilizio, la veranda determina l’inevitabile modifica della sagoma dell’edificio ed un relativo aumento della volumetria richiedendo allo stesso tempo il necessario permesso di costruire per la sua realizzazione. Nel regolamento edilizio-tipo, la veranda è stata definita (Allegato A) “Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili”.